La tradizione del vino rosa italiano si è sviluppata in alcuni territori che hanno costruito nel tempo autonome identità applicando specifiche scelte produttive alle principali varietà autoctone locali. Il fondamento del vino rosa italiano è pertanto costituito da una sequenza virtuosa di interazioni, uniche e non ripetibili altrove, tra il sapere umano e la peculiare vocazione di taluni vitigni tradizionali, taluni suoli e taluni climi. Tali forme interpretative dell’identità territoriale del vino rosa appartengono a pieno titolo allo straordinario patrimonio della cultura vitivinicola nazionale, rappresentandone alcune delle più rilevanti esperienze storiche. Ne sono esemplificativi i casi del Rosato in Puglia e in Calabria, del Cerasuolo in Abruzzo e del Chiaretto sul lago di Garda veneto e lombardo, che costituiscono ad oggi i principali capisaldi del panorama del vino rosato italiano a menzione geografica ottenuto da uve autoctone, quali la Corvina Veronese, il Groppello, il Montepulciano, il Bombino Nero, il Negroamaro e il Gaglioppo.

I Consorzi di tutela delle denominazioni di origine rappresentative di tali esperienze – Chiaretto di Bardolino, Valtènesi Chiaretto, Cerasuolo d’Abruzzo, Castel del Monte Bombino Nero e Castel del Monte Rosato, Salice Salentino Rosato, Cirò Rosato – hanno dato vita a un Istituto del Vino Rosa Autoctono Italiano - Rosautoctono - orientato alla diffusione, in Italia e all’estero, della cultura e della conoscenza del vino rosa italiano, inteso quale insieme delle singole specificità territoriali. Rosautoctono è sede di confronto, di promozione e di ricerca, aperto ad altre denominazioni italiane dotate di analogo, storico retaggio culturale.